Nel cuore dell’Emilia, in un piccolo comune della provincia di Reggio Emilia chiamato Bibbiano, è esploso nel 2019 un caso che ha scosso profondamente l’opinione pubblica italiana. Un’indagine giudiziaria, denominata “Angeli e Demoni”, ha portato alla luce presunti illeciti nella gestione degli affidi di minori, con accuse gravissime rivolte a psicologi, assistenti sociali e amministratori locali.
Oggi, a distanza di anni, le parole forti di Don F. Minervino riaprono la ferita:
“Avete capito che portavano via i figli alle famiglie, accusando i genitori di abusi inventati di sana pianta, per lucrare e darli in affido a strutture e coppie gay?”
Le sue affermazioni rimettono al centro dell’attenzione pubblica una vicenda che sembra essere lentamente scivolata nel silenzio. Don Minervino denuncia il presunto abuso di potere e di autorità da parte delle istituzioni preposte alla tutela dei minori, accusate di aver manipolato prove, ricordi e persino disegni infantili, per giustificare l’allontanamento di bambini dalle proprie famiglie.
Le accuse al sistema degli affidi
Secondo l’inchiesta della magistratura, alcune figure professionali avrebbero costruito false testimonianze di abusi, con lo scopo di inserire i minori in un circuito privato di affidi e cure psicologiche a pagamento, in cui giravano interessi economici consistenti. Il tutto, sostiene Don Minervino, con la complicità o l’omertà di un sistema che avrebbe coperto le irregolarità anziché denunciarle.

Uno degli aspetti più discussi fu la presunta vicinanza ideologica tra alcuni operatori e correnti politiche, con particolare riferimento al Partito Democratico, di cui era espressione l’allora sindaco di Bibbiano, Andrea Carletti, inizialmente sospeso dal suo incarico e poi assolto da alcune accuse. Questo ha alimentato un acceso dibattito politico, spesso più ideologico che oggettivo.
Il problema del silenzio mediatico
“Perché non vedo tutto questo sui giornali, tv e social?” si chiede Don Minervino nel suo post. È una domanda che riecheggia tra i tanti cittadini che si sentono disorientati di fronte alla discrepanza tra l’enorme clamore iniziale del caso e la quasi totale assenza di aggiornamenti successivi nei media mainstream.
Il silenzio – denuncia il sacerdote – è una forma di violenza, perché nega alla collettività il diritto di sapere, capire, giudicare. Soprattutto, impedisce che si faccia piena luce su una vicenda in cui i veri protagonisti – i bambini coinvolti – rischiano di essere dimenticati o, peggio, strumentalizzati.
Tra verità giudiziaria e verità mediatica
Va precisato che non tutte le accuse dell’inchiesta “Angeli e Demoni” hanno portato a condanne: diverse posizioni sono state archiviate, altre sono ancora in corso, altre ancora hanno portato a sentenze lievi rispetto alle iniziali ipotesi di reato. Ma ciò non significa che il problema non esista.
Il sistema degli affidi, in molte zone d’Italia, resta opaco, fragile, e spesso troppo discrezionale. Il caso Bibbiano ha mostrato quanto possa essere facile trasformare la protezione dell’infanzia in un ingranaggio burocratico o peggio, economico, in cui a pagare il prezzo più alto sono sempre i più deboli.
Una domanda aperta
Alla fine, resta una domanda aperta e potente, quella che fa da filo conduttore al grido di Don Minervino:
“Tutto viene a galla. Ma quando?”
Finché non sarà fatta piena chiarezza, non solo nelle aule di giustizia, ma anche nei cuori e nelle coscienze, il caso Bibbiano resterà una ferita aperta per tutto il Paese.

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