Ogni mattina milioni di lavoratori si alzano, si mettono in macchina, fanno il pieno a prezzi da strozzinaggio, pagano parcheggi, abbonamenti, panini e caffè. Tutto a loro spese. Non possono “scaricare” nulla. Nessuna detrazione per chilometri percorsi, per i pranzi fuori casa, per le ore di pendolarismo che rubano vita e salute. Lo Stato, per loro, è solo gendarme e cacciatore di errori nei modelli 730. Questa è l’Italia dei furbi.
Nel frattempo, imprenditori, liberi professionisti e amministratori pubblici e privati vivono in un altro Paese: quello dove tutto si scarica. Dai viaggi alle cene, dai regali ai dispositivi elettronici, anche quando – come ho visto con i miei occhi – servono solo per fare bella figura con qualcuno e non certo per lavorare. Basta chiedere la fattura, mettere una P.IVA e, magicamente, lo Stato chiude un occhio. O entrambi.
Ma non è una novità. È la solita Italia che si riempie la bocca di giustizia sociale, equità, diritti. Dove ogni anno si sente parlare di “lotta all’evasione” ma poi, nei fatti, si colpisce il solito dipendente a busta paga mentre si permette a chi ha strumenti e conoscenze (e qualche amico nei posti giusti) di vivere dentro una zona grigia legalizzata.
Questa è l’Italia dei due pesi e delle mille misure. Dove chi lavora con onestà paga sempre tutto. E chi finge, elude, gioca con le norme, viene pure premiato.
E il paradosso più grande? Lo conoscono tutti, pure chi dovrebbe intervenire: politici, vertici dello Stato, persino il Papa. Tutti pronti a lanciare appelli contro la disuguaglianza… salvo poi lasciare tutto esattamente com’è.
Questa non è giustizia fiscale. È una truffa di Stato. E prima o poi, i conti – quelli veri – si pagano.