Un attore popolare, una scena comune e un vizio italiano che non passa mai di moda. Luca Zingaretti, il celebre volto del commissario Montalbano, ha acceso i riflettori — stavolta con lo smartphone — su uno degli atteggiamenti più odiosi che ancora oggi infestano l’Italia dei privilegi: il salto della fila. “Lei non sa chi sono io”, infatti non si tratta, anche stavolta, di un comune cittadino impaziente. Stavolta a saltare la fila è stata — denuncia Zingaretti — la moglie di un politico nazionale, accompagnata dalla scorta, tra gli sguardi increduli degli altri viaggiatori.

Il video, diventato virale in poche ore sui social, lo mostra in t-shirt bianca e zaino sulle spalle all’interno dell’aeroporto Leonardo da Vinci, mentre racconta:

“Oggi a Fiumicino, quando depositi i bagagli per partire per andare in vacanza, ho assistito a una scena… C’era la moglie di un politico nazionale che è passata davanti a tutti, con la scorta che le diceva ‘prego’, ‘prego’…”

Parole semplici, ma cariche di indignazione, dette con quella sobrietà che rende ancora più incisivo il messaggio. Una denuncia civile, non teatrale, ma schietta, da cittadino prima che da personaggio pubblico.

Dietro questo episodio si cela però un’abitudine ben più radicata e tossica: la convinzione che per alcuni le regole non valgano. Il vecchio adagio “lei non sa chi sono io” continua a farsi largo nei corridoi degli aeroporti, negli uffici pubblici, persino nei pronto soccorso. E a nulla valgono campagne, scandali o richiami all’equità: il riflesso automatico del “precedenza perché sì” è duro a morire.

Luca Zingaretti non ha fatto nomi, non ha insultato, non ha montato un caso ad arte. Ma proprio questa scelta ha reso la sua denuncia ancora più potente. Ha mostrato il fastidio comune di chi, rispettando la fila e le regole, assiste impotente a una prepotenza sistemica. E ha messo il dito nella piaga: in Italia esiste ancora, eccome, una casta invisibile fatta non solo di politici, ma anche di mogli, parenti e amici degli “intoccabili”.

Il problema non è il singolo episodio. Il problema è la mentalità. Finché chi ha potere (o pensa di averlo) continuerà a esercitarlo come diritto di superiorità civile, nulla cambierà. E chi prova a fare notare l’assurdità viene spesso bollato come “invidioso” o “antipatico”. Ma stavolta la voce arriva da un attore amato e rispettato, che ha scelto di dire basta con un gesto semplice: raccontare ciò che ha visto.

E forse, tra uno scatto e un selfie, anche altri cominceranno a denunciare. Perché il rispetto si costruisce anche nelle piccole cose. E le file, per quanto fastidiose, sono uno specchio fedele di quanto siamo (o non siamo) uguali davanti alle regole.

Di Giuseppe Cianci

E' necessario difendere la libertà di pensiero e di espressione oggi più che mai minacciata dal pensiero unico imposto da un sistema mediatico prevalente