Non è un mistero che il parco auto italiano sia tra i più anziani d’Europa. Secondo i dati più recenti, l’età media dei veicoli in circolazione supera ormai abbondantemente gli 11 anni, con oltre 11 milioni di automobili Euro 3 o precedenti ancora su strada. Ma dietro questo numero si nasconde molto di più di una semplice questione ambientale o tecnologica: c’è un’Italia che fatica ad arrivare a fine mese, un’Italia che non può permettersi neppure di pensare a una nuova auto con gli stipendi da fame sempre più inflazionati.

Chi vive con uno stipendio o una pensione da 1.500 euro netti al mese — spesso anche meno — non ha margini. Ogni spesa imprevista è una mina sotto i piedi: la caldaia che si rompe, il dentista, l’assicurazione dell’auto, le bollette in aumento. Altro che bonus o incentivi: per molti, cambiare macchina significa semplicemente sprofondare nei debiti o rinunciare a mangiare carne per tre mesi.

Nel frattempo, lor signori, quelli che legiferano e pontificano dalle stanze ovattate dei palazzi romani, vivono con 15-20mila euro lordi al mese. E pretendono che chi guadagna in un anno ciò che loro incassano in un mese, faccia “scelte responsabili” per l’ambiente. Facile parlare di transizione ecologica e sostenibilità seduti su un SUV ibrido da 80mila euro pagato con rimborsi e benefit. La realtà è che la stragrande maggioranza degli italiani non può permettersi né l’ecologia, né la sostenibilità, né il lusso di cambiare auto ogni quattro anni.

In questo contesto, il ritorno della scala mobile — almeno per stipendi e pensioni fino a 2.000 euro lordi al mese — non sarebbe un lusso ma una necessità. Perché il carovita galoppa, i prezzi aumentano ovunque e le retribuzioni restano ferme a dieci anni fa. È una compressione silenziosa, ma costante, che erode il potere d’acquisto giorno dopo giorno. E intanto, chi già faticava prima, oggi sopravvive.

Parliamoci chiaro: non si tratta di pigrizia o ignoranza. Non è che gli italiani non vogliano auto più sicure e meno inquinanti. È che non possono permettersele. Il cittadino medio deve scegliere tra cambiare l’auto o pagare l’affitto. Tra l’aria condizionata accesa e la spesa della settimana. Tra la visita medica privata e il dentista per il figlio.

Questa è l’Italia vera, quella lontana dai talk show e dai convegni di “mobilità sostenibile”. Quella fatta di gente onesta che lavora, che si alza ogni mattina per tenere in piedi famiglie, imprese, comunità intere. Un’Italia che meriterebbe più rispetto, più ascolto e meno prediche.

Perché prima di parlare di incentivi, transizione verde e rottamazioni, bisognerebbe garantire ai cittadini un reddito dignitoso. Perché senza giustizia salariale e previdenziale, la modernizzazione resterà una favola buona solo per chi vive nei salotti del potere.

Di Giuseppe Cianci

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