Con il riscaldamento globale che accelera lo scioglimento dei ghiacciai e del permafrost artico, una nuova minaccia silenziosa sta attirando l’attenzione della comunità scientifica mondiale: il possibile “risveglio” di antichi virus e batteri rimasti intrappolati per decine di migliaia di anni nel ghiaccio. Un tema che sembra uscito da un film di fantascienza, ma che per gli esperti è tutt’altro che fantasia.

Il permafrost: un archivio del passato

Il permafrost è uno strato di terreno perennemente ghiacciato che si estende per milioni di chilometri quadrati in Siberia, Alaska, Canada e Groenlandia. Al suo interno, da decine di millenni, sono intrappolati resti organici perfettamente conservati — piante, animali estinti, ma anche microorganismi come batteri e virus.
Il suo scioglimento, causato dalle temperature in aumento, sta progressivamente liberando questo materiale biologico nel suolo e nell’atmosfera.

Batteri “zombie”: esperimenti che fanno riflettere

Non si tratta di pura teoria. Già nel 2016, in Siberia, un’epidemia di antrace uccise un bambino e decine di animali dopo che un’antica carcassa di renna infetta, congelata da oltre 70 anni, si scongelò liberando spore ancora attive.
E nel 2022, un team di ricercatori francesi guidato da Jean-Michel Claverie dell’Università di Aix-Marseille è riuscito a “rianimare” diversi virus giganti intrappolati nel permafrost da 27.000 a 48.500 anni. Fortunatamente, erano virus che infettano solo amebe, ma la scoperta dimostra che alcuni patogeni possono sopravvivere e restare infettivi per tempi impensabili.

Perché gli scienziati sono preoccupati

Il timore non è tanto un’imminente “pandemia del ghiaccio”, ma il fatto che non conosciamo il reale numero e tipo di microorganismi che potrebbero riemergere. Molti di questi potrebbero essere completamente sconosciuti al sistema immunitario umano, e non esistono vaccini o cure per contrastarli.
Inoltre, il permafrost custodisce non solo batteri e virus, ma anche geni di resistenza agli antibiotici: se trasmessi ai batteri moderni, potrebbero aggravare l’attuale crisi sanitaria globale legata alla super-resistenza.

Un rischio difficile da controllare

Le zone artiche sono sempre più accessibili a causa del riscaldamento globale, e questo aumenta le possibilità di contatto tra l’uomo e gli agenti biologici rilasciati. Le infrastrutture per l’estrazione di gas, petrolio e minerali penetrano sempre più in profondità nel suolo, contribuendo a disturbare ecosistemi congelati da ere intere.

Conclusione

Il permafrost è come un gigantesco archivio biologico del passato, ma ogni “pagina” che si scongela potrebbe riservare sorprese pericolose. Non serve cedere al catastrofismo, ma ignorare il problema sarebbe irresponsabile.
Gli scienziati chiedono monitoraggi costanti, limiti all’attività industriale nelle zone artiche e una cooperazione internazionale per studiare i rischi biologici legati allo scioglimento del permafrost.
In fondo, non è il ritorno dei batteri antichi a spaventarci: è la velocità con cui stiamo risvegliando un passato che il pianeta aveva messo, letteralmente, sotto ghiaccio.

Di Giuseppe Cianci

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