Melilli non è solo un paese arroccato sui Monti Climiti, è un luogo che ti prende l’anima senza chiedere permesso. Quando ci arrivi, la prima cosa che senti è il respiro lento della sua pietra antica: case color miele, vicoli che sembrano improvvisati e improvvisamente si aprono su piazzette luminose, e quel profumo di pane caldo che esce da qualche forno nascosto come un invito a rallentare.
Ma Melilli è soprattutto una città che vive al ritmo della sua devozione più profonda: quella per San Sebastiano. È impossibile camminare tra le sue strade senza percepire il legame viscerale tra il paese e il suo Patrono. Non è folklore, non è abitudine: è identità.

La Chiesa Madre di San Nicolò domina il centro storico con un’eleganza severa, ma è il Santuario di San Sebastiano a catturarti davvero. Lì, davanti a quella facciata luminosa, ho avuto quasi l’impressione di sentire ancora il rimbombo dei tamburi della festa, il profumo dell’incenso, il brusio della folla in attesa. Si immagina facilmente la “’Nchianata”, la salita dei devoti scalzi che, con i ceri accesi, avanzano in un silenzio rotto solo dagli sforzi, dalle preghiere, dalle lacrime che si mescolano alla polvere della strada. È una scena che non puoi dimenticare, anche solo immaginandola.
Melilli nei giorni di festa diventa una sorta di organismo vivo: le strade si affollano, le luci disegnano percorsi quasi mistici, la banda suona melodie che sanno di appartenenza. È una tradizione che non si limita a celebrare un Santo; è il modo in cui un’intera comunità ribadisce ogni anno chi è, da dove viene e cosa vuole portare con sé nel futuro.

Altri eventi importanti di questa cittadina sono il Presepe Vivente che si allestisce nella settimana natalizia, la via Crucis messa in scena da devoti-attori nei giorni di Pasqua e infine il Carnevale melillese, la cui tradizione risale agli anni ’30 e da allora si ripete ogni anno con i carri allegorici e le sfilate di maschere per le vie e le piazze della città.
Eppure Melilli non è fatta solo di riti, ma anche di scorci che ti restano addosso: il panorama che dalla piazza guarda verso Augusta e il mare è uno di quelli che ti rimettono in ordine il pensiero. Il vento che arriva dalla costa porta con sé una luce diversa, leggermente salata, che si posa sulle facciate barocche e le fa brillare come se fossero appena nate.

E poi ci sono le persone. Gente che ti saluta ancora mentre passi, che ti chiede da dove vieni, che ti invita senza pensarci a provare un pezzetto di qualcosa appena sfornato. È un’ospitalità genuina, istintiva, che ti fa sentire parte di quel mondo anche solo per un giorno.
Melilli è questo: una città che vive tra passato e presente con una naturalezza disarmante, una comunità che ha fatto della fede non solo un rito religioso ma un modo di stare insieme, un territorio che regala bellezza senza ostentazione.
Quando te ne vai, ti accorgi che Melilli non la lasci davvero: resta lì, tra un ricordo acceso e un’emozione che non sai bene spiegare. È come il passo di un devoto scalzo sulla pietra: semplice, sincero, e destinato a rimanere.
